Immigrazione e altri argomenti: perché parlarne con i bambini?
Come ogni estate, le informazioni che riguardano gli immigrati sono sempre più presenti nei telegiornali e nelle notizie che leggiamo. Le immagini di uomini, donne e bambini che provengono da altri Paesi e che arrivano in Italia entrano nelle nostre case quasi senza che ce ne accorgiamo. Entrano a far parte della nostra realtà. E in quella dei nostri ragazzi.
L’immigrazione è uno degli argomenti che io definirei “faticosi” da affrontare con i nostri bambini. Per me sono tali quegli argomenti che, come adulti, ci mettono di fronte alla difficoltà di dare delle spiegazioni e, nel contempo, alla necessità di farlo. E farlo nel modo giusto per loro (nell’articolo sull’utilità delle storie avevo già spiegato in che senso intendo questo aggettivo). I motivi della “fatica” di affrontare certi argomenti possono essere tanti. Possono essere di carattere personale (pensa, ad esempio, a quanto è difficile spiegare la malattia o la morte a un bambino), di carattere più sociale (spiegare le ragioni dell’immigrazione, per esempio, è molto complesso e – comunque ci si provi – è solo una spiegazione parziale) o perché a volte, di risposte convincenti, in certe situzioni, semplicemente non ce ne sono. Nemmeno per noi adulti.
Eppure, questi sono temi attuali, che ci impongono delle scelte educative. Di fronte agli interrogativi che generano è importantissimo che l’adulto ci sia. E stia accanto al bambino. Noi adulti vorremmo proteggere i nostri bambini dalle difficoltà e dalle brutture. Vorremmo che il loro mondo non conoscesse i limiti e gli orrori del nostro. Nel nostro intento, vorremmo tante volte risparmiare loro il turbinìo di emozioni che nasce dal confronto con la realtà di alcuni argomenti (oggi ho scelto di scrivere di immigrazione, ma il discorso vale anche per altri temi difficili). A volte ci verrebbe più facile schivarli. Questa può essere un’opzione, una tra le scelte personali che possiamo fare. Occorre, tuttavia, tenere presente che:
1. Le notizie ci arrivano in ogni caso.
Se anche spegnessimo il televisore ed evitassimo qualsiasi contatto con notizie che non vogliamo che i bambini conoscano, dobbiamo essere consapevoli che non possiamo esercitare un pieno controllo di quello che i bambini vengono a sapere. Molte volte le notizie che i bambini hanno provengono dai gruppi dei pari che frequentano, in primis la scuola. Più gruppi frequentano, più numerose sono le relazioni che si creano, meno controllo abbiamo sulle loro conoscenze. Inoltre, in senso ampio, alcuni fatti sono impossibili da nascondere.
2. I bambini vogliono sapere e hanno bisogno di sapere.
Fare domande è uno dei modi che loro hanno per cercare di capire il mondo, la realtà, i rapporti che regolano le persone. Quando fanno domande, la questione è già sotto i loro occhi e ne stanno prendendo coscienza. Chiedendoci di aiutarli. Eludere le loro domande non li protegge dalle emozioni negative che abbiamo paura possano incontrare. Solo non li aiuta a collocarle. Non li aiuta a capire. Occorre invece mettersi accanto a loro e parlarne, trovando le parole e gli atteggiamenti adatti a loro.
3. Occorre che noi adulti li aiutiamo a dotarsi degli strumenti necessari per farvi fronte.
Proprio perché non possiamo avere il controllo su tutto quello che riguarda i bambini. Per strumenti intendo strumenti cognitivi ed emotivi perché i nostri figli o alunni siano in grado di comprendere ciò che accade attorno a loro. Siamo tutti immersi in una realtà sempre più ampia e sempre più connessa. Occorre affiancarli per aiutarli a sviluppare la capacità di trovare un proprio equilibrio.
Parlare con i bambini di alcuni argomenti scomodi, quando accade, rende necessario che abbiamo delle accortezze per farlo nel modo giusto. Ricordiamoci che un bambino è un bambino e non dobbiamo infliggergli narrazioni non adatte alla sua età e alla fase del suo sviluppo. Il problema del come parlarne è importante quanto il perché farlo.
La questione del modo in cui affrontare certi argomenti sarà il tema dell’articolo di settimana prossima. Ti aspetto!
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