La maestra è un capitano

Qui si parla del libro: La maestra è un capitano di Antonio Ferrara, Edizioni Coccole Books, 2012, pp. 53, illustrato da Anna Laura Cantone.

Il libro, narrato in prima persona, è scritto su pagine a righe di quinta (con tanto di margini!). Questo lo fa assomigliare tantissimo a un quaderno, anzi a un quadernino, come diciamo noi oggi per distinguere il formato piccolo da quello grande. (Il punto di riferimento è cambiato rispetto a quando andavo a scuola io. Quello che una volta era il quadernone, ora è il quaderno per antonomasia, motivo per cui quello piccolo, spesso, è il suo diminutivo!)

La protagonista del libro è un’insegnante come potrei essere io, tu o una nostra collega. Moderna, intrepida, lei vive in perenne equilibrio in mezzo agli innumerevoli impegni che si trova ad affrontare giorno dopo giorno, da quelli familiari a quelli professionali.

E se quelli familiari vengono delegati a lei, in quanto donna/mamma/maestra,

Oggi pomeriggio in macchina ho girato mezza città. Ho fatto la spesa di corsa, subito dopo essere passata in tintoria e dal calzolaio. E tutto nell’intervallo tra l’andata e il ritorno dalla scuola di danza. Mia figlia Sara, se all’uscita da danza non mi vede, comincia subito a preoccuparsi, dice sempre che sono l’ultima ad arrivare, tra tutte le mamme, e magari col cellulare chiama suo padre che si preoccupa pure lui e chiama me. Si preoccupa soltanto, lui, tanto poi tocca a me girare come una trottola. Lui è al lavoro. Fa un lavoro serio, lui. Mica come il mio.

quelli professionali sono talmente vari che questa maestra così risoluta non ha certo tempo da perdere, nemmeno per ammalarsi!

Stiamo studiando i microbi e i virus. Ecco, proprio quelli che i miei mi hanno passato. O forse è stata Alessia, o Luigino. I virus, si sa, viaggiano che è un piacere. Basta una stretta di mano, un abbraccio. Ma io non rinuncio ad abbracciare i miei bambini, ci mancherebbe. Loro hanno sempre sete di abbracci e io sono la loro fontana. Ho un bel mal di testa e me ne starei anch’io a casa volentieri, ma non posso. La maestra è un presidio,  un avamposto, una sentinella. Non può abbandonare la posizione. Oggi pomeriggio tornando a casa, mi compro il Tachiflu e il Fluimucil. E naturalmente un pacchetto di pastina.

Si destreggia così tra la vivacità dei bambini …

Alice si è messa a tagliare un foglio di carta bianca in tanti piccoli pezzetti rotondi, poi è salita sul banco e li ha lasciati cadere dall’alto. – Guarda! La neve! – Filippo fa rotolare una monetina per tutta la classe. Anna ha rovesciato sul pavimento tutta la carta che c’era nel cestino, perché non riesce a trovare un foglietto che aveva buttato via per sbaglio. Tommaso sta colorando col pennarello blu tutta la mano di Anna, fino al polso e anche più su. Le fa un disegno a forma di serpente che le gira tutto intorno all’avambraccio. – Ti piace, maestra? – Mi chiede mentre continua a lavorarci – le faccio il tatuaggio!

… le routines scolastiche quotidiane …

Faccio l’appello, ora, così cominciamo a lavorare. Poesie, tabelline e via dicendo. Oggi devo pure spiegare Scienze. Prima, però, come tutte le mattine, leggiamo dieci minuti, come una preghiera. Ci serve per cominciare bene la giornata. Un po’ leggo io e un po’ leggono loro. Ci incontriamo tra le pagine del libro, facciamo un po’ di strada insieme.

… e il raccontare con ironia un aspetto della nostra professione, tanto comune quanto amaro

Nel pomeriggio ho l’incontro coi genitori. Mi sento male, quando ho l’incontro coi genitori. Mi vengono le gambe molli. Mi piacerebbe andar d’accordo, con loro. Mi piacerebbe progettare insieme l’educazione dei loro figli. Mi piacerebbe. Ma i papà fanno gli avvocati difensori dei loro figli e, se rimproveri un bambino, il giorno dopo il padre viene a chiederti come puoi averlo fatto, e ti spiega che suo figlio è un angioletto, a casa, veramente, e che se fa così è chiaro che sta solo chiedendo un po’ di attenzione, e se ha morso una chiappa del compagno di banco mentre lui raccoglieva la matita è solo perché era quasi mezzogiorno, e aveva un po’ di fame.

(…)

Le maestre devono saperlo il Congiuntivo. Devono sapere Tutto. Improvvisamente entra in classe il papà di Marco, che fa l’imprenditore e che parcheggia sempre la Mercedes nel posto riservato ai disabili. E’ arrivato arrabbiatissimo perché ieri ho dato quattro al tema di suo figlio. – Se dovrei fare l’insegnante, io lavorerei diversamente! – ha detto alzando la voce.

La maestra di questo libro non può non risultare adorabile, perchè – nonostante le mille difficoltà – rivela comunque un profondo amore per i bambini e per il proprio lavoro (anzi non riuscirebbe a fare la maestra se non fosse così!).

Allora mi viene un groppo in gola, e penso che forse vale ancora la pena. Di fare la maestra, voglio dire. E allora mi ricordo che c’è Alice che balla lieve lieve, che c’è Giancarlo che disegna che sembra Caravaggio, e quando si mette davanti al foglio coi pastelli in mano si trasforma, diventa serio serio, si morde la lingua e fa un capolavoro. E poi me lo regala. E Raffaella che canta come una sirena. E Federico che ha il padre che ha perso il lavoro. E Anna che ha la madre che entra ed esce dall’ospedale.

Si arriva alla conclusione del libro, di un’emozione che noi insegnanti conosciamo bene:

E poi mi viene in mente che (…) E allora sento un groppo forte in gola, e (…)

(Non me la sono sentita di rivelare la fine, perché è un piccolo tesoro che ti invito a scoprire e che parlerà proprio a te!)

Un romanzo per bambini a partire dai 7-8 anni, di un’ironia sottile e divertente, mai esagerata e sempre rispettosa di tutte le persone che vivono la scuola. Questo è un libro che ho divorato parola dopo parola, che mi ha fatto tanto sorridere quanto riconoscermi nello specchio delle difficoltà di questa bellissima, importante e faticosa professione (…e potrai ben comprendere se sono di parte!).

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