Seminare la speranza: ti presento Spe
Ciao e bentornata qui: mettiti comoda, voglio raccontarti della mia Spe.
Se mi segui su Instagram, probabilmente l’hai già vista diverse volte. Spe è la “Soffiona” che, da quest’anno, mi accompagna negli incontri che conduco nelle scuole. Il suo vero nome è Speranza, ma – per gli amici – va bene anche Spe.
Spe è un “pupazzo” (mi sembra molto riduttivo chiamarla così, ma so che lei me lo concederà!), un amigurumi, che ho realizzato con l’uncinetto la scorsa estate, tra la fine della vacanza al mare e l’ultimo scampolo di relax estivo sulle montagne della Val Sermenza! Spe è un personaggio, nel vero senso della parola: è la mia interlocutrice nella narrazione che offro ai bambini che incontro nelle scuole, ma è anche abbastanza originale da rimanere impressa. Spe mi aiuta a parlare ai bambini per il solo fatto di presentarsi così com’è, buffa e stravagante insieme. (Non farci troppo caso: nella foto sotto, ho sorpreso Spe in un momento di relax sul set fotografico!)
L’idea di Spe è nata quasi per caso. Stavo preparando la scaletta per gli incontri di questo anno scolastico (in un articolo a ottobre ho spiegato cos’è un incontro con l’autrice e che cosa propongo, in linea generale, fatte salve poi tutte le variazioni dovute alle diverse esigenze), quando ho percepito la necessità di avere qualcosa che i bambini potessero ricordare facilmente in seguito al nostro incontro. Ognuno di questi, infatti, offre molti spunti di riflessione e permette a me e ai lettori di parlare di diversi argomenti. Mi sono chiesta se, avendo a disposizione una sola parola, sarei stata in grado di trovare quella che più è aderente al mio modo di lavorare, ai libri che scrivo e al mio sentire.
La parola che ho avvertito “risuonare” maggiormente è stata, appunto, speranza. Speranza è il nome di una dei protagonisti dei miei libri (quando ancora non sospettavo di poter creare altro con questo nome). Speranza è ciò che i personaggi dei miei libri continuano, pur nelle difficoltà, a nutrire; speranza è ciò che ci spinge in avanti nelle difficoltà; speranza, per etimologia, è tendere verso una méta (curioso come questo richiami il senso dell’attesa, non trovi?). Non solo, penso anche che chi educa abbia un ruolo molto rilevante nell’alimentare la speranza (Quanto ci sarebbe da riflettere sul rapporto tra educazione e speranza: ti interesserebbe approfondire l’argomento?). Interessante considerare anche che sia sperare sia educare contengano già per etimologia un moto o un impulso verso qualcosa, no?
Una volta trovata la parola, come tradurla in qualcosa da proporre “fisicamente” ai bambini? Pensa che ti ripensa, sono arrivata a ideare il progetto di un soffione. Mi piace il fatto che i semi del soffione, così umili e delicati, possano diffondersi leggeri leggeri al minimo soffio di vento ed essere poi in grado, trovato il terreno adatto, di originare una nuova pianta. (Lo sapevi che pappo è il nome del ciuffetto piumoso dei semi del tarassaco? Nella foto sotto, Spe tiene in mano un seme, l’achenio con il pappo! Sì, sì, alcuni dei semi si staccano per volare via!)
Una volta trovato il soggetto, come realizzarlo? Qualcosa cui avevo pensato era troppo piccolo, qualcos’altro troppo fragile, un altro troppo elaborato, … Le idee che mi sono venute hanno dovuto fare i conti quindi con uno studio di fattibilità, che in considerazioni spaziava dalle mie competenze al materiale da usare a questioni molto pratiche (es. mi muovo spesso in treno … non potrei mai portare con me un soffione della grandezza di un Gabibbo!). Poi – dato che sono un genitore, un’educatrice, un’insegnante e, come tale, abituata a non mollare la presa! – l’Idea Giusta è finalmente arrivata: una Soffiona dalla testa bianca, piacevole a vedersi, originale da proporre, vezzosa quanto basta. (Hai visto che Spe porta un fiore di tarassaco in bocciolo tra i “capelli”?)
Ricordo ancora con quanta leggerezza sono andata al mercato a cercare il filato per il lavoro a uncinetto e il nastro di organza per i capelli (quasi 40 metri!): avevo un nuovo personaggio da creare che aspettava solo di prendere forma!
Subito dopo sono arrivate le prove con un campione, il lavoro a uncinetto, le domande via via che la “testa” del soffione prendeva forma: “Che carina! È una pecora?” mi ha chiesto mia figlia.
Ho sbagliato la misura delle braccia tre volte: troppo corte (“No, che brutti i braccini corti!”), troppo lunghe (“Mamma, sembra una scimmia!”), troppo grosse (“Adesso sembrano delle salamelle!”).
Più comparivano i limiti, più si delineava la strada da percorrere … Il risultato è qui! (Nota bene che Spe indossa un maglioncino a maniche lunghe decorato con un cuore e una farfalla – amore e leggerezza!)
Una Spe che fa sorridere i bambini quando esce dalla borsa, una Spe che strappa un sorriso anche al bambino più perplesso, una Spe che mi permette di dire ai bambini: “Portatevi a casa dall’incontro quello che vi è piaciuto di più, magari racconterete pochissimo di quello che vi ho detto, ma se non sapete cosa dire ricordatevi anche solo il suo nome: Speranza. La ritroverete spesso!”. Faccio bene?
Parlarti di Spe è un altro modo per raccontarti una delle infinitesime parti che compongono la mia variegata professione di autrice.
A volte la magia delle storie passa anche attraverso l’intreccio … di un filato!
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