Il valore dell’attesa

Come insegnarlo ai bambini

Ho scelto di dedicare questo mese di novembre al tema dell’attesa. L’ho fatto perché novembre, con le sue giornate corte e buie, è spesso vissuto aspettando il mese seguente quando, con i preparativi del Natale, ogni cosa sembra riacquistare colore e vitalità. Novembre è, a suo modo, un mese di attesa.

L’attesa è vissuta molte volte come una perdita di tempo, come un elemento incomodo da affrontare prima che si verifichi altro. Pensiamo alle stesse “sale di attesa” di stazioni, aeroporti o ambulatori: spesso a chi aspetta offrono un diversivo (tv, riviste, …) che distragga dall’attesa stessa, che intrattenga chi aspetta, che riduca cioè al minimo il disagio dell’attendere.

Eppure l’attesa ha un proprio valore. Il verbo attendere deriva dal latino ad-tendere, “distendersi, aspirare, mirare”. L’attesa implica una tensione verso qualcosa. Se da un punto di vista pratico, in giornate piene e indaffarate come sono diventate d’abitudine le nostre, l’attesa può essere fastidiosa, dal punto di vista educativo, invece, è importante imparare a saper attendere. Perché?

L’attesa è legata al tempo. Il tempo è una risorsa preziosa. L’attesa può diventarlo se riflettiamo su quanto segue.

L’attesa aiuta a:

1. chiederci quale valore ciò che desideriamo ha veramente, che senso abbia per noi, quali eventuali sacrifici siamo disposti a fare per raggiungerlo/ottenerlo. Con l’attesa soffermiamo lo sguardo. Siamo stimolati a riflettere e interrogarci.

2. scoprir-si: l’attesa ci permette di vivere in uno spazio/tempo molto singolare, “sospeso” tra ciò che è già e ciò che non è ancora. Attendere è mettersi in ascolto di se stessi. Con pazienza, tempo, amore per sé.

3. riconoscersi capaci di trovare soluzioni alternative a ciò che, almeno temporaneamente, ci manca. Proprio perché attendere implica una tensione verso qualcosa, solitamente ciò che si vuole è ciò che non abbiamo. Nel desiderare ciò che manca si attivano capacità volte al raggiungimento dello scopo. L’attesa permette lo sviluppo di certe competenze, anche molto pratiche, come ad esempio il problem solving.

4. a darsi tempo: l’attesa è un tempo necessario, a volte fisiologico perché qualcosa accada. Pensiamo all’attesa della gravidanza (chiamata, appunto, dolce attesa).

5. imparare a desiderare: attendere e desiderare sono due azioni strettamente collegate. Essendo oggi tutto più veloce, questo vale anche per i desideri. Si passa talvolta frettolosamente da un desiderio all’altro perché un desiderio può essere soddisfatto spesso in tempi molto brevi, gli stessi degli oggetti materiali di cui ci circondiamo. In Il mondo dei desideri, Igor Sibaldi afferma che:

Desiderare, in italiano, è un atto bellissimo, viene dalla parola sidera, “stelle”, e significa letteralmente: accorgersi che nel tuo cuore c’è qualcosa di più di quel che, per ora, le stelle stanno concedendo all’umanità.

Detto questo, come si può aiutare i bambini a cogliere il senso dell’attesa?

Si può trasmettere loro il significato dell’attesa anche con alcune accortezze nella vita di tutti i giorni:

  • dando per primi, come educatori, il buon esempio: se manifestiamo intolleranza nell’aspettare (anche nelle situazioni quotidiane, come in fila all’ufficio postale, giusto per citarne una faticosa!), è facile che il bambino acquisisca lo stesso schema di comportamento;
  • recuperando, come suggerisce Gianfranco Zavalloni in La pedagogia della lumaca, il valore della lentezza, del fermarsi per assaporare, del rallentare per vedere;
  • facendo fare esperienze di attesa: seminare, coltivare, osservare la natura sono tutte attività molto semplici e altrettanto significative per mettere il bambino in contatto con ciò che riguarda i nostri ritmi naturali, fatti anche di tempi apparentemente “dormienti”;
  • proponendo giochi o ripetendo esperienze che richiedano l’aspettare il proprio turno: via libera a tutti i giochi da tavolo o di squadra che abbiano questa caratteristica;
  • dimostrando al bambino il risultato raggiunto grazie all’attendere: es. ci sono tecniche artistiche in cui i vari passaggi richiedono tempi di attesa saltando i quali il risultato non è garantito;
  • leggendo libri per bambini che parlino di quest’argomento perché sappiamo che le storie possono aiutarci (a questo proposito, settimana prossima pubblicherò un articolo con alcuni consigli di lettura, come è avvenuto a settembre per i libri che parlano di scuola);
  • dicendo i no necessari, non dobbiamo concedere tutto e subito. Il no è un limite con cui il bambino impara gradualmente a fare i conti e ad aspettare che il proprio desiderio sia soddisfatto.

Imparare ad aspettare è qualcosa che si impara giorno dopo giorno, fin da piccoli. Il valore dell’attesa maturerà su questa capacità, piano piano, con il tempo. Come un seme che cresce se coltivato.

Per concludere questo articolo, se hai dei suggerimenti da dare a me e a chi legge, ti invito a scriverli nei commenti.

Ti lascio con questo breve video sul valore dell’attesa estratto dal film Ray di Taylor Hackford (2004). Buona visione!

 

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